Dopo il ciclo di conferenze dedicate alla “Scienza dell’impossibile”, continuiamo a parlare di Alchimia …
Ma parlare oggi di Alchimia e rompersi la testa per cercare di comprenderne i suoi astrusi principi ha ancora un senso? Questa dottrina, infatti, è stata custodita e tramandata in maniera volutamente ostica e apparentemente incomprensibile e il suo contenuto è stato per secoli custodito dentro un forziere chiuso a più mandate, affinché non si disvelasse a coloro che non erano pronti o, peggio ancora, non venisse profanata da malintenzionati. E non pochi Alchimisti hanno pagato la conoscenza di questa Arte con la vita. Malgrado questa scienza possa sembrarci lontana e polverosa, nonostante sia stata percepita molto spesso come favolistica oppure fraintesa, il suo studio e la sua pratica continuano, invece, ad avere un profondo significato. Anzi, forse parlarne oggi acquista ancora più valore proprio perché, alla luce dell’Archeosofia, siamo finalmente a conoscenza di tutto un procedimento ben preciso, da svolgere attraverso specifiche operazioni che, come ormai dovrebbe essere noto, hanno finalità esclusivamente spirituali: una vera e propria via mistica, ascetica e sperimentale al tempo stesso. Ciascuno può constatare personalmente che quanto velato sotto i simboli dell’Alchimia è qualcosa di vivo e attuale, che tutti noi uomini e donne del Terzo millennio possiamo, anzi, dobbiamo sperimentare personalmente proprio ora.
Le sue origini si perdono nella notte dei tempi, essa è stata praticata attraverso i secoli dai personaggi più disparati, sia laici che religiosi, in diverse parti del mondo, dall’Egitto alla Cina, dall’India alla Grecia, dall’Arabia all’Italia …. ma ha tra le sue caratteristiche intrinseche quella di essere sempre terribilmente attuale, perché dietro al suo linguaggio simbolico, enigmatico e spesso così diverso da autore e autore tanto da apparire a volte quasi contraddittorio, se si va a scavare, ci si accorge che sia la metodologia che il messaggio da essa veicolato sono sempre gli stessi, perché la Verità è una sola e la Tradizione che si rivela progressivamente agli uomini ha una sola origine Divina.
La finalità dell’Alchimia è, infatti, indicare all’uomo alla donna di buona volontà e di fede, sinceri cercatori della Pietra Filosofale, come realizzare la Grande Opera attraverso un percorso spirituale, di tipo iniziatico, cioè come compiere una vera e propria trasmutazione interiore, del proprio vero IO, fino ad arrivare, gradino dopo gradino, sin da vivi e in piena coscienza, ad un’unione trasformate con Dio.
Per fare luce attraverso i numerosissimi scritti dedicati all’Alchimia, alquanto ostici, si pensi ad esempio, solo per citarne alcuni tra i più noti, a quelli di Morieno Romano, Geber, Frate Elia, Alberto Magno, Raimondo Lullo, Tommaso D’Aquino, l’Abate Tritemio, Agrippa, Paracelso, Maier, Basilio Valentino, Khunrath, Fulcanelli …, che sembrano veri e propri rompicapo che vogliono mettere alla prova la tenace volontà e la ferrea costanza di chi si accinge a esplorali e a metterli in pratica, sono di fondamentale importanza due scritti redatti di Tommaso Palamidessi: uno risalente alla fine degli anni ‘40 del Novecento e intitolato “L’Alchimia come via allo Spirito” e l’altro, il Quaderno n.24 della collana archeosofica, “Alchimia teorica e pratica ermetica” scritto nel 1980. Così come si evince dai titoli, se ne deduce subito che l’autore ci parla esclusivamente della vera Alchimia, cioè di quella spirituale, e che alla base vi sono i principi teorici della filosofia ermetica tradizionale che, per quanto ne sappiamo, risale a Ermete Trismegisto e, quindi, alla “Tavola di smeraldo” e al “Corpus Hermeticum”. Sono, infatti, le leggi generali dell’ermetismo a orientare la pratica sperimentale: 1) L’Uno sta in tutto; 2) Il visibile è l’esteriorizzazione dell’invisibile; 3) Ciò che è in alto è come ciò che è in basso; 4) La Natura è completamente rinnovata dal Fuoco. E anche la “Tavola Smeraldina” ci tramanda, tra i sette principi ermetici, quello della Corrispondenza: “Come in alto così in basso e come in basso così in alto per fare il prodigio della cosa Una”. Infatti, la preesistenza di una materia Una, unica, primordiale, intellegibile e metafisica, da cui tutto è stato generato da Dio, e quindi la dottrina dell’Unità della sostanza, è il principio su cui si basa anche la possibilità della trasmutazione “del piombo in oro” e la necessità di tornare, dopo la caduta, a quella Unità originaria.
Per l’Ermetismo ci sono tre Principi di substanziazione che generano tutte le cose manifeste: Solfo, Mercurio, Sale e quattro Elementi della manifestazione: Fuoco, Aria, Acqua, Terra. Questi ultimi non vanno confusi con i quattro elementi fisici, perché si tratta di quattro forze che agiscono sulla materia ordinandola. Per quanto riguarda i principi, il Solfo è solare e attivo e dà il principio alla forma; il Mercurio è lunare e recettivo e può assumere le forme proiettate dal Solfo; il Sale è il principio della manifestazione oggettiva e dà un sopporto materiale agli altri due principi. Nella costituzione sottile, occulta, dell’uomo e della donna i tre principi di substanziazione hanno corrispondenza con i tre principi che costituiscono l’EGO immortale, rispettivamente con lo Spirito (il Solfo), con l’Anima emotiva (il Mercurio) e con l’Anima erosdinamica (il Sale). Questi tre principi che compongono l’EGO, come spiega Tommaso Palamidessi, sono costituiti di materia primordiale, sono interdipendenti e distinti, ma sono “saldabili e separabili per Volontà del Grande Architetto dell’Universo” (Quaderno n. 8, La costituzione occulta dell’uomo e della donna). Vedremo che dietro la famosa formula degli Alchimisti “Solve et coagula” si nasconde anche uno degli insegnamenti fondamentali di quest’Arte: convertire il corpo in spirito e poi riconvertire lo spirito in corpo. E il campo di battaglia, come chiarifica Tommaso Palamidessi, sarà proprio l’anima, in quanto intermediaria tra corpo e spirito, con il suo centro di gravità che è il cuore.
Il “Kybalion” specifica, inoltre, che “la vera trasmutazione ermetica è un’arte mentale”. Il risveglio della coscienza, l’estrinsecare una volontà incrollabile e cosciente, il dominio su noi stessi, la trasmutazione interiore sono, di fatto, un’arte e una trasmutazione mentale. Se pensiamo, ad esempio, all’Antico Egitto sappiamo che gli Iniziati ai Misteri di Iside e di Osiride dovevano superare le prove dei Quattro Elementi, che erano vere e proprie prove fisiche così dure da mettere a repentaglio la vita dell’incauto non preparato ad accingersi all’impresa. Anche l’Alchimista deve superare le prove dei quattro elementi, ma, inizialmente, imparando a farlo attraverso un dominio su se stesso: la prova della terra è riuscire ad avere un dominio sul corpo fisico, quella dell’acqua sulle emozioni e sui sentimenti, quella dell’aria sui pensieri e quella del fuoco sugli aspetti più istintivi e passionali. Per poi conquistare anche il dominio sui diversi stati di coscienza che corrispondo a questi elementi. Ma non solo questo, perché, come è usuale nel lessico alchimico, ad ogni nome si riferiscono spesso più significati suscettibili, quindi, di diversi piani di lettura.
Lo specifico gergo alchemico, ambiguo e criptico, che abbiamo detto essere nato per occultare intenzionalmente i processi, le operazioni, le sostanze e gli strumenti che permettono di trasformare i metalli vili in oro, cioè in un metallo incorruttibile e puro, se adeguatamente decodificato diventa per noi un preziosissimo strumento operativo per mettere in atto, tutti i giorni, i processi di questa chimica interiore. E la stessa Alchimia si rivela essere, come la definisce Tommaso Palamidessi, “lo strumento più avanzato per l’ascesi” e quindi “la via, la scienza e l’arte per realizzarsi in Dio” (Quaderno n. 24). Alambicchi e distillazioni, fuoco e suo regime, fornelli e athanor … non alludono ad altro che ad operazioni che l’Alchimista deve iniziare a compiere nel suo laboratorio interiore, dentro se stesso, nel suo cuore. Perché, innanzitutto, la materia dell’Opera è nell’uomo: “il Regno di Dio è dentro di voi” (Lc, 17,21). Si spiega, così, anche il famoso acrostico alchemico VITRIOL: “Visita Interiora Terrae Rectificando Inveniens Occulta Lapidem”. Entrando dentro se stesso e procedendo per mezzo di rettificazioni atte a trasmutare i propri vizi in virtù, l’Alchimista avrebbe trovato la Pietra nascosta, il desiderato Elisir che ha il potere di risanare tutti i mali e che in tanti si sono affannosamente apprestati a cercare. Per la riuscita dell’Opera sono fondamentali la preghiera e la meditazione profonda polarizzate proprio nel luogo teofanico che è il cuore, unite all’indispensabile assistenza divina dall’Alto.
La materia prima dell’Opera, messa nell’alambicco, va posto nel forno, detto athanor, cioè nel cuore, che si deve lutare, sottoporre ad una chiusura ermetica, vale a dire che l’anima emotiva va resa insensibile ad ogni impressione sia esterna che interna, e quindi che bisogna sapersi astrarre da tutto.
Per iniziare le operazioni è necessario accendere un fuoco, che da naturale e spontaneo deve farsi volontario: all’appassionato slancio d’amore deve subentrare tutta la nostra forza mentale concentrata e la nostra volontà risvegliata. È fondamentale anche saper regolare il regime del fuoco, che non va mai fatto spegnere. Il fuoco dell’Alchimista non deve essere mai troppo debole né bruciante, né deve andare disperso, ma nella maggior parte delle operazioni deve essere costante, per questo era detto “avvolgente calor di febbre”, oppure “calor di chioccia”, o un “fuoco di candela”.
A questo punto entra in gioco anche il sapiente uso dei mantici che regolano e alimentano l’athanor, cioè di speciali dinamiche respiratorie ritmiche fondamentali durante la meditazione.
La materia, quindi, è stata messa a cuocere e all’inizio tutto ribolle come nel caos primordiale, fino al completamento della putrefazione. Il fisso e il volatile iniziano a separarsi e, sempre attraverso il regime del fuoco, prende avvio la distillazione. L’Alchimista ha così iniziato una purificazione interiore ma questa distillazione va rettificata, cioè ripetuta più e più volte. Nell’anima emotiva purificata, che abbiamo detto essere il campo di battaglia tra ciò che tira in alto e ciò che spinge verso il basso, attraverso la Cardiognosi o meditazione sul cuore si possono sperimentare i primi contatti con il Divino, con la “Luce interiore”. “Beati i puri di cuore, perché vedranno Iddio” (Mt 5,8). Qui nel cuore il Sole, Spirito e principio maschile, va a nozze con la Luna, Anima e principio femminile. Ma vedremo che il lavoro non è ancora finito, il Rebis o Androgine non è ancora ricostituito.
Sublimazione dopo sublimazione, se Dio lo vorrà, al fuoco contro natura acceso dall’Alchimista, che man mano deve diventare sempre più intenso, si unirà il “Sacro Fuoco dei Filosofi”, lo Spirito Santo, la grazia dell’Amore divino, che porterà alle estreme conseguenze la trasmutazione spirituale. Sino alla realizzazione di quello che gli Alchimisti definisco l’incorruttibile “Corpo di diamante folgore”.
Nella Grande Opera le trasformazioni essenziali sono conseguite a mezzo dell’iniziazione. In questo percorso verso Dio il cui fine è la Theosis ci sono tre fasi fondamentali che gli Alchimisti hanno definito Opera al Nero (Nigredo), Opera al Bianco (Albedo) e Opera al Rosso (Rubedo), che operano l’apertura delle tre Porte, cioè del Centro frontale, di quello cardiaco e di quello basale, e che corrispondono ad una Purificazione, una Illuminazione e un Perfezionamento. Solo dopo aver fatto il nero più nero può sorgere nel nostro cuore la luce del Sole del Cristo, per poi vedere il calore del Sole a mezzogiorno quando si può contemplare Dio nello Spirito. Il Rebis è ricostituito, i tre principi dell’Ego (Spirito, Anima emotiva ed Anima erosdinamica), inizialmente distinti e interdipendenti, sono stati sublimati e riunificati nel cuore per amare “il Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze e con tutta la tua mente e il prossimo come te stesso” (Lc,10:27).
Si inizia così, forse, a comprendere meglio un’altra fondamentale definizione che Tommaso Palamidessi dà dell’Alchimia: “un’arte e una scienza spirituale e chimica, salvifica e liberatrice per entrare in Dio e gioire del suo calore, della sua luce e della sua pace” (Quaderno n. 24).
Nel Quaderno dedicato all’Alchimia una frase mi ha particolarmente colpita sin da subito, ed è questa: “Il meglio, il vero, il concreto e il salvifico dell’Alchimia è tra le righe dei Quaderni di Archeosofia”. Così, mi sono messa a cercare. Tra le righe non so ancora leggere bene, ma che nei Quaderni, con tutte le loro indicazioni teorico-pratiche, sono spiegate nel dettaglio tutte le indicazioni per realizzare quest’Arte Reale è fuor di dubbio: ad esempio, per iniziare a lavorare su noi stessi, su tutto il nostro composto, allora bisogna conoscere la nostra costituzione occulta che è stata affrontata e spiegata nel Quaderno n.8 (“La costituzione occulta dell’uomo e della donna”); se si pensa ai mantici e quindi al controllo del respiro, allora si può leggere il Quaderno n. 13 (“La dinamica respiratoria e l’ascesi spirituale”); all’astrazione, concentrazione e meditazione è stato dedicato il Quaderno n. 9 (“Guida all’astrazione, concentrazione e meditazione”); per la Cardiognosi è stato scritto il Quaderno n.11 (“L’ascesi mistica e la meditazione sul cuore”); sulla formula alchemica “solve et caugula”, cioè il “purifica e integra”, dietro cui si cela anche lo stato di coscienza definito sdoppiamento in cui l’anima è separata dal corpo ma in piena coscienza, poiché l’Alchimia è l’arte di “separare lo spesso dal sottile”, preziose indicazioni si trovano nel Quaderno n. 6 (“Come sdoppiarsi e viaggiare nei mondi sopra sensibili”); la questione nodale del Piccolo Guardiano e come trasmutarlo in un Corpo di diamante folgore, vale a dire, fuor di metafora, nel Glorioso Corpo della Risurrezione, fine supremo dell’Alchimia, è affrontata nel Quaderno n. 10 (“I guardiani delle soglie il cammino evolutivo”); sulla “via secca” e le più drastiche e pericolose “operazioni a un vaso o a due vasi” e il risveglio di Kundalini si può leggere il Quaderno n.12 (“La meditazione sulla sfera sessuale e l’ascesi”); inoltre, in questa cerca della Pietra Filosofale, è cruciale il Quaderno n. 18 dedicato al Santo Graal (“Esperienza misterica del Santo Graal”). E questo breve elenco è solo per citarne alcuni, perché Tommaso Palamidessi ha redatto anche dei poderosi fascicoli dedicati all’erboristeria e ai vari distillati, su cui il procedimento alchemico abbiamo appurato si basa per la legge dell’analogia; ha scritto numerosi volumi dedicati all’astrologia, soprattutto esoterica o iniziatica, per conoscere quali sono i tempi più propizi per la nostra evoluzione spirituale e quindi anche per condurre le operazioni della Grande Opera; e, inoltre ha elaborato opere, tra cui il fondamentale “Tecniche di risveglio iniziatico”, incentrate specificatamente sul risveglio dei centri forza, nelle quali ci dà chiare istruzioni su come operare, in questa “metafisica sperimentale”, per trasmutare i nostri vizi in virtù.
L’Ars Regia, paragonata alle 12 fatiche di Ercole (ma anche ad un gioco da bambini!), è un andare contro natura, secondo il detto “natura vince natura”, volitivamente, con tenacia e pazienza, in ogni momento della propria esistenza terrena. Mi chiedo, cos’altro può spingerci a volerci autosuperare e a camminare su questa via se non l’Amore? L’Amore di Dio per le sue creature, che ci chiama e ci sorregge, e il nostro amore per Dio, ma anche per noi stessi, per gli altri e verso tutto il creato. Perché questa è una strada che non si fa da soli, perché non ci si salva da soli … E una nostra trasmutazione, di cui dobbiamo assumerci la responsabilità, implica anche dei cambiamenti su tanti piani del cosmo, come direbbero gli Alchimisti “moltiplicando la polvere di proiezione”, e aderendo e cooperando così al piano divino di evoluzione dell’universo.
Abbiamo più o meno tutti molto piombo da trasmutare in oro e fuoco da imparare a regimentare. Ciò che conta all’inizio, ma credo sempre, è anche l’intenzione, più pura possibile e ben orientata, perché “l’intenzione è l’arco d’amore teso verso il giusto bersaglio quale è Dio” (Q. 24). La strada è tracciata, non ci resta che metterci all’opera …